NON E’ MAI TROPPO PRESTO….

Tutte le tradizioni esoterico-iniziatiche hanno, come loro nucleo essenziale,  istruzioni per il trapasso, ossia per come prepararsi  alla morte durante la vita, per come comportarsi durante il trapasso e dopo di questo. Esse sono caratterizzate dall’idea che il compito dell’uomo nella vita terrena è risvegliare facoltà sopite, trasformare la propria natura, costruire una diversa coscienza e una diversa personalità, grazie a cui, al tempo della morte o prima noi possiamo cambiare in meglio le nostre sorti. Questa idea esoterica di pro-attività, di auto-trasformazione, che richiede applicazione, disciplina e studio ‘tecnico’, fa la differenza rispetto al molto più comune atteggiamento essoterico, passivo e ‘pigro’ di chi neppure concepisce la possibilità della suddetta opera, e o rimane agnostico-rassegnato, oppure si affida alla grazia divina, ai sentimenti, alle proprie buone azioni e devozioni.

In questo senso si dirige il Cristianesimo, che, con la sua inevitabile popolarizzazione e trivializzazione del Sacro, ha silenziato (per le masse) il bisogno di istruzioni per il trapasso, persuadendole dapprima a credere che Gesù il Cristo, con la sua morte e resurrezione, abbia spianato il cammino nell’aldilà per i fedeli, quindi li ha indotti ad affidarsi ai sacramenti, alle penitenze, alle preghiere – alla Chiesa, insomma; e successivamente sta facendo perdere il senso anche di questi atti nel generale quadro di una progressiva mondanizzazione filantropica. 

La scienza ovviamente niente ha da dire al riguardo delle istruzioni per il trapasso, considerando la materia al di fuori del campo dell’esperienza oggettivabile.

Abbiamo quindi pensato di offrire ai nostri lettori una serie di articoli controcorrente, contenti appunto avvisi e istruzioni per questo importante e inevitabile frangente dell’esistenza.

Marco Tullio Cicerone, nelle Disputazioni tuscolane, citando Socrate, che l’intera vita dei filosofi è una meditazione sulla morte e di seguito ricorda che i cigni, quando arriva il gran momento, intonano il loro canto più bello, come presentendo l’approssimarsi di qualcosa di sublime.

In tutto il mondo e in tutte le culture, gli insegnamenti esoterici circa il trapasso descrivono fasi di smembramento dell’unità costituita dalla persona, che si scompone in varie parti costitutive e perde una serie di elementi, in un processo abbastanza tormentoso se non anche spaventoso. A mia conoscenza, la migliore descrizione e spiegazione di questo è data dal buddismo tibetano che in questo processo ravvisa il progressivo disgregarsi della persona attraverso la successiva dissoluzione delle sue varie componenti materiali, spazio-temporali, eteriche e mentali, e a ciascun passaggio di questo processo corrisponde anche una serie di mutilazioni della coscienza ordinaria – che in alcuni testi egizi è raffigurata in modo letterale con serpenti muniti di coltelli che tagliano via pezzi del defunto. Più sei identificato e attaccato a questi pezzi di coscienza ordinaria, più patirai.

Nel momento in cui questo processo si completa, per un fuggevole istante appare la nuda e primordiale realtà della mente e dell’essere, libera, infinita; se la sai riconoscere e cogliere rimanendo in essa , ti ritrovi risvegliato, un Buddha. Altrimenti inizia una serie di visioni generate dalla mente, durante la quale avrai ancora occasioni di liberarti, se le sai riconoscere come tali. Diversamente, inizierai il percorso di rinascita assumendo un nuovo corpo e una nuova posizione nel mondo.

Il significato essenziale di quanto sopra, in termini filosofici e razionali, è che la morte è un evento, un’esperienza, che ti mette davanti in modo vivo, e attivo su di te, le grandi questioni ontologiche, in quanto pone fine alla percezione della realtà dualistica e materiale in cui viviamo e di cui viviamo nel senso comune, ossia che esista una realtà composta di oggetti fisici fuori della mente, indipendenti dalla mente e tra loro interagenti secondo determinate leggi, e che ciascuno di noi sia un soggetto dotato di stabile e definita identità.

Questi due pilastri della realtà che crediamo di vivere sono fallaci, illusori, siccome il mondo e le cose che incontriamo noi le incontriamo e conosciamo entro la mente e come pensieri – essi hanno appunto natura mentale. Ma non sono pensieri nostri, non sono i prodotti dei nostri io empirici, perché l’io empirico è in continua trasformazione e non ha tratti fissi, contrariamente a come pensa e sente se stesso. Sono manifestazioni della mente universale, come noi stessi. L’esperienza del trapasso ti tuffa in questa realtà, quindi ti sconvolge, se sei impreparato. Una realtà che il buddhismo definisce in termini di sunyata, ossia vuotezza (gli oggetti, il mondo, sono vuoti di auto-sussistenza separata dalla mente) e di anatma, ossia assenza di io (non esiste un io empirico permanente e definito). La mente che si manifesta a se stessa come mondo e come cose non è la mente mia o tua o sua, bensì io, tu e gli altri, ciascuno inteso come contraddistinto dalla sua momentanea identità, siamo noi stessi manifestazioni di quella mente universale. La morte è un trauma perché comporta il crollo del senso dualistico (io/non io), realistico e materialistico del mondo e di sé stessi, di cui siamo impregnati e assuefatti. Una buona preparazione filosofica, non libresca ma con tanto di riflessione e autentica assimilazione, incentrata sui problemi ontologici e gnoseologici, è pertanto utilissima, e a questo scopo ho scritto due saggi: Terminus e Farsi luce. 

Veniamo ora a qualche istruzione per il trapasso. La sadhana, o percorso iniziatico, mira alla realizzazione già in vita, ma ha specifiche istruzioni anche per il trapasso. 

Per chi si trova ad affrontarlo senza essersi prima preparato mediante la costruzione di strutture e abitudini mentali e emotive idonee, cosa che richiede anni di pratica, in estremo distillato l’insegnamento può condensarsi in questa istruzione:

Quando inizierai a sentirti mancare e avrai le prime sensazioni di trapasso, come l’offuscamento dei sensi o la percezione di cadere, e quando poi incomincerai ad avere visioni, non agitarti, bensì resta calmo e lucido, ricordando che tutto ciò che ti apparirà come esterno e dotato di una esistenza propria è in realtà auto manifestazione della mente di cui il tuo stesso io è manifestazione. Immagina di essere al cinematografo. Niente di ciò che sta accadendo ti può pertanto danneggiare. Medita su pace, libertà, serenità, luminosità, spaziosità, benevolenza universale. Ha senso anche l’affidarsi affettivamente e devozionalmente a una figura divina che dispensi sicurezza e solidità.

Se a un certo punto ti sentirai attratto verso la Terra e a una nuova incarnazione, medita su una vita virtuosa, di realizzazione, e cerca di rinascere da una coppia umana e dotata di buone qualità idonee ad avviarti a tale vita. Tieni presente che stai vivendo l’esperienza dello smantellamento del tuo io empirico e contemporaneamente del tuo mondo, del tuo senso di realtà, e che quindi è naturale che sia travolto dal disorientamento. Ma, se avrai assimilato i concetti filosofici sopra indicati e se li saprai applicare a quell’esperienza, essa sarà più mite e non sconvolgente, e tu potrai trarne il meglio.

Marco Della Luna