La paura

La paura è stata inventata alcune milioni di anni fa per un motivo molto preciso: assicurare la sopravvivenza in caso di pericolo.

È parte integrante dell’attività celebrale, funziona in modo automatico e a grandissima velocità. La paura sembra una delle pochissime emozioni innate ed è stata presente in tutto l’arco dell’evoluzione per via del suo evidente risultato pratico, ovvero la sopravvivenza dell’individuo e della specie.

La paura non è innescata dal pericolo in sé ma dalla previsione del pericolo.

Se per esempio stiamo camminando in un bosco e proviamo piacere nel percepire molte informazioni che arrivano ai nostri sensi come il colore delle foglie, il canto degli uccelli, il profumo del sottobosco, tutto d’un tratto nella nostra retina si imprime una forma, allungata, appoggiate al suolo….

L’informazione arriva ai talami che la spediscono immediatamente alle amigdale, ovvero i centri di controllo della paura.

Queste, ordinano al tronco encefalico di bloccare immediatamente tutti i movimenti del corpo in modo da non avvicinarsi al pericolo, ordinano ai muscoli facciali di aprire la bocca, di spalancare gli occhi e agli ipotalami, di ordinare di produrre l’adrenalina che ci fa aumentare il battito cardiaco, la pressione e la respirazione. Il tutto in circa 400 millisecondi, meno di mezzo secondo, ovvero molto prima che il cervello si renda conto che il serpente velenoso è a 2 mt di distanza.
Mentre tutte queste informazioni vengono spedite alle amigdale in gran fretta, i talami le inviano anche la corteccia visiva che le processa e le rispedisce, con molta più calma, alle amigdale.

Falso allarme! Si trattava semplicemente di un ramo e non di una vipera, ma il colore e la forma erano bastati a far scattare l’allarme. Circa un secondo più tardi le amigdale registrano il cessato pericolo e tutto, battito cardiaco incluso, torna rapidamente come prima. Le amigdale informano di quanto è successo anche gli ippocampi e le cortecce prefrontali che si occupano dei processi cognitivi e dell’apprendimento, in modo da formare una memoria che si rivelerà utile in molte altre situazioni di pericolo sia che ci si trovi davanti ad un altro serpente sia che ci si debba semplicemente apprestare ad attraversare una strada trafficata. La corteccia che elabora la distinzione tra la paura razionale di un serpente e la paura irrazionale di un ramo.

La paura irrazionale se diventa cronica ha un nome specifico: fobia.

Restare in uno stato di paura è assolutamente distruttivo, può portare al panico il che può avere effetti più pericolosi del rischio temuto. Se la paura è l’aspettativa di un pericolo, il panico è la paura che gira su se stessa rafforzando l’aspettativa.
Uno stato prolungato di paura può essere comunque distruttivo in altri modi, lo stress è connesso ai meccanismi della paura anche se con effetti più blandi del terrore che si può provare alla vista di una vipera.

La stimolazione prolungata del sistema di risposta “combatti o scappa” induce un’eccessiva presenza di cortisolo capace di disturbare la salute e il sistema immunitario.

La paura è presente in tutti i cervelli, in rari individui che hanno un amigdala danneggiata o atrofizzata si ha una pressochè totale incapacità di sperimentare emozioni che vanno dal timore al terrore.

Uno ecessivo stato di paura può richiedere l’intervento di terapie farmacologiche. Un validissimo aiuto può anche essere dato dalla psicoterapia pranica per eliminare in profondità forme pensiero che scatenano paure insensate.

Come disse Franklin Delano Roosevelt nel 1933, l’unica cosa di cui dobbiamo aver paura e la paura stessa.